Titolo: Un’estate con la Strega dell’Ovest
Autore: Kaho Nashiki
Editore: Feltrinelli Editore
Pagine: 144
Dove acquistarlo: Amazon, Feltrinelli
Sono tornata, amici lettori 😄
Oggi vi parlo di un libro di cui ho sentito parlare qualche volta in quest’ultimo periodo. Un’estate con la Strega dell’Ovest fu pubblicato per la prima volta nel 1994, ma nel 2017 Kaho Nashiki decide di pubblicare una nuova edizione con una copertina semplice che, secondo lei, “ben si si adatta all’umiltà dell’opera”, aggiungendo anche tre racconti. Questa nuova aggiunta è stata fatta perché l’autrice ha pensato di poter riuscire a far arrivare meglio il messaggio, a venticinque anni di distanza.
Per ottenere le cose che per te hanno più valore, quelle che desideri di più, forse dovrai superare le prove più difficili.
Il libro inizia con Mai, una ragazzina di tredici anni, che apprende della morte della nonna, quella che lei e la mamma chiamano Strega dell’Ovest, perché sì, la nonna era davvero una strega!
Mai inizia allora a ricordare quel mese che aveva passato da lei due anni prima.
Una volta iniziate le scuole medie, Mai non vuole più andare a scuola dicendo che le causa quei frequenti attacchi d’asma di cui soffre. La madre decide allora di mandarla a stare per un po’ nella casa di campagna della nonna, in modo da farla rilassare e farle cambiare idea.
Si nota subito la gran complicità che c’è tra nonna e nipote, mentre il libro procede raccontandoci le loro giornate.
Le descrizioni vivide dei luoghi mi hanno fatto immaginare perfettamente ogni cosa, nei minimi particolari. Praticamente era come se fossi stata lì con loro anche io.
La definizione di felicità cambia da persona a persona. Anche tu, Mai, devi scoprire che cosa ti rende felice!
Mai ha degli strani attacchi di nostalgia, e il più delle volte non sa neanche di cosa e perché. È come se si sentisse improvvisamente precipitare dentro un ascensore, e l’unica cosa possibile da fare in quei momenti è aspettare che passino. Ma perché le succede? Cosa sono questi “attacchi di nostalgia“?
Mai è una bambina saggia, per la sua età, dall’animo profondo. Si pone domande importanti e si lascia trasportare dalla melanconia che caratterizza le anime antiche.
Penso che morire significhi che l’anima lascia il corpo a cui è stata legata per tanto tempo e ritorna libera. Sono sicura che sia una bella sensazione.
In questo libro viene delineata una netta differenza tra la vita lenta di campagna, legata ancora alla terra e alla natura, e la vita frenetica della città. Il papà di Mai, infatti, si è trasferito nella città di T per lavoro e lì conduce una vita in cui le nuove tecnologie la fanno da padrone e non si vive più coscientemente, sempre di fretta. Quasi come se la gente avesse messo in funzione il pilota automatico.
Viene anche affrontato il tema del bullismo, mentre Mai racconta alla nonna le dinamiche dei gruppetti che si creano a scuola e di come sia stata presa di mira per aver deciso di non farne parte.
È difficile rivendicare la propria indipendenza e rifiutare l’omologazione imposta dalla società. Ed ecco che si spiega perché Mai non volesse più andare a scuola. A un mese di distanza, però, si chiede se non abbia commesso un errore a scappare, dimostrandosi così “troppo debole“.
Non devi sentirti in colpa solo perché hai scelto il posto in cui vivi meglio. Un cactus non ha bisogno di crescere nell’acqua, un fiore di loto non fiorisce fuori dall’acqua. Chi biasimerebbe un orso polare per aver scelto di vivere al Polo Nord anziché alle Hawaii?
Ammetto che alla fine del libro mi sono commossa. Il dolore provato da Mai era diventato anche mio, perché non si può davvero mai sapere quando si vedrà per l’ultima volta una persona.
Quando Mai lascia la casa della nonna per trasferirsi nella città di T, lo fa in modo brusco e senza guardarsi indietro perché lei e la nonna avevano litigato. Non le aveva detto “ti voglio bene, nonna“, come era solita fare. E questo le crea un grandissimo peso, una volta appreso della sua morte.
Ovviamente, ciò fa riflettere sulla superficialità che purtroppo spesso ci caratterizza, e l’addestramento da strega pensato dalla nonna mirava proprio ad aiutare la nipote a liberarsene, insegnandole a guardare alle cose con una certa compostezza d’animo.
I desideri giusti, quelli che sono in linea con il corso delle cose, ti fanno da guida e si trasformano in realtà. È un potere straordinario.
Era davvero una strega, la nonna, quindi? Forse sì, forse no.
Io la vedo più come una donna di vecchio stampo, “old-fashioned” come si è definita lei stessa. Una donna ha custodito la cultura e le vecchie credenze giapponesi, concentrando dentro di sé una grande saggezza.
Personalmente, credo possa venir considerato una fiaba lunga che vuole farci riflettere su come viviamo le nostre vite e come ci comportiamo con gli altri.
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